Fotografo il tempo. Non la scena, non lo sguardo, non il movimento.
Più spesso l’attesa. Che è una precondizione dei sentimenti, anziché uno stato fisico. Perché la fotografia ha a che fare con la capacità di cogliere quel qualcosa di immateriale che abita i frammenti tra un prima e un dopo: come una condizione dello spirito.
Poi, arrivano i corpi, gli sguardi, le mani, i lineamenti.
Che si tratti di raccontare un luogo, un incontro, un accadimento pubblico o privato, ciò che l’obiettivo inquadra è sempre una premessa di attese e la conseguenza di desideri. Questo faccio. Racconto gli attimi che abitiamo.
Le intenzioni che maturano nei luoghi dove le persone lavorano, dove si incontrano, dove si innamorano.
Accompagno, individuo, interpreto.
Parole per immagini.
Perché la foto è un’anticipazione di memoria.